
Atom Heart Mother: la storia dell’album dei Pink Floyd tra genio e semplicità
Il 2 Ottobre 1970 viene rilasciato il quinto album in studio dei leggendari Pink Floyd, un raro esempio di capolavoro psichedelico, una suite di 24 minuti sul primo lato del vinile e tre pezzi seguiti da una strumentale lunga 13 minuti, che ha raggiunto le vette delle classifice britanniche, stiamo parlando di Atom Heart Mother.
Sperimentazione sonora raffinata, tipica dei Pink Floyd ed un livello tecnico altissimo hanno reso immortale questo album per gli appassionati del genere, facendo impazzire milioni di fan nel mondo ancora oggi.
Atom Heart Mother: l’album che divise le opinioni dei Pink Floyd
Bello sì, ma odiato dai suoi esecutori, dirà David Gilmour:
"Un ottimo esempio di album che andrebbe buttato nel cestino della spazzatura e mai più ascoltato."
Critica senza mezzi termini la mancanza di coesione del disco che sembra a suo parere un’accozzaglia di diversi momenti musicali fra loro, affermando che dal vivo riuscissero ad essere un’ottima band riuscendo a fare delle eccellenti Jam Session, ma incapaci di trasferirle su un disco per mancanza di esperienza e di conoscenze tecniche per farlo.
La leggendaria copertina con Lulubelle III
Ma facciamo un passo indietro, sulla grandezza dei Pink Floyd non si discute, cosa ha reso quest’album immortale oltre le tracce che compongono il vinile?
Parliamo di lei, Lulubelle III è il suo nome, una mucca Frisona, sì esatto, una mucca al pascolo in una fattoria inglese, precisamente nell’Hertfordshire, fotografata da Storm Thorgerson, leggendario fotografo e designer grafico britannico, genio creativo la cui mente si sono affidati non solo i Pink Floyd, ma anche band come i Black Sabbath, Led Zeppelin e Genesis solo per citarne alcuni.
Chi era Storm Thorgerson e la rivoluzione delle copertine musicali
L’anno era il 1968, quando viene fondato lo studio grafico Hipgnosis, nome che fonde le due parole “hip” (trendy) e “gnosis” (consapevolezza), da Storm Thorgerson, Aubrey Powell e Peter Christopherson, il loro primo lavoro con la band è la creazione della copertina dell’album A Saucerful of Secrets, e due anni più tardi i Pink Floyd bussarono nuovamente alla loro porta per affidare il duro compito della creazione della copertina del loro quinto album.
Il gruppo voleva discostarsi dall’immagine dello Space Rock e dell’etichetta di Band Psichedelica che ormai aveva nell’immaginario collettivo, volevano dimostrare di essere ben altro, e la loro specifica richiesta fu un qualcosa di estremamente semplice ed ordinario.
La fase iniziale di ideazione fu un completo disastro, dopo una serie di idee rifiutate come un tuffatore su un trampolino, o una donna davanti ad una scalinata, il fotografo propose un soggetto non collegato al gruppo o ai brani presenti all’interno dell’album e per la scelta fu affiancato dall’artista inglese John Blake che concepì l’idea della foto di una mucca, che i Pink Floyd accettarono di buon grado, proprio per la sua semplicità estremamente ordinaria.
Arrivati in una campagna a nord di Londra, nell’allevamento di un certo Arthur Chalke, che in seguito affermerà “la foto definitiva di una mucca” e cercherà invano di chiedere un compenso ben più alto di quello chiesto a Thorgerson per permettergli di immortalare i suoi bovini, ovvero circa 30 sterline, dopo la pubblicazione dell’album e lo straordinario successo commerciale.
Dubbi e perplessità colpirono anche un funzionario della casa discografica EMI, che vedendo la foto della mucca Lulubelle III sulla copertina dell’album disse al fotografo:
"Sei matto? Vuoi rovinare questa casa discografica?!"
La scelta era insolita, certo, e cosa più bizzarra sulla copertina non era presente il nome della band, né il titolo di una singola canzone.
Un successo inaspettato tra musica e strategia commerciale
Ma è proprio questo che rende questo album desiderabile già dalla prima occhiata, la mucca si erge imperiosa su tutto e tutti, ordinaria e straordinaria, facendo spiccare l’album in mezzo agli altri negli scaffali nei negozi di dischi, tra copertine provocatorie come In Rock dei Deep Purple (Giugno 1970) che vengono rappresentati come statue sul monte Rushmore, psichedeliche come Abraxas di Carlos Santana (Settembre 1970), dominavano la scena del rock, e finalmente il 2 Ottobre 1970 in mezzo a loro spiccava lui, Atom Heart Mother, proprio per la sua estrema semplicità catturava l’occhio del cliente e scatenava la sua curiosità, scoprire l’autore o gli autori di quel brano e cosa poteva esserci dentro, un raro esempio di come una semplice ma efficace pubblicità si fonde con la musica, per dare l’opportunità all’ascoltatore di viaggiare con gli occhi e la mente.
"La copertina faceva una gran figura, in mezzo alle altre dell’epoca che cercavano di attirare l’attenzione in modo provocatorio. La mucca attirava lo sguardo più di quanto potessi sperare: era diversa perché così normale”
dirà in seguito al successo l’autore dello scatto, ed è proprio così, la semplicità, la pulizia di uno scatto ben studiato, può portare a successi insperati, perché nell’ordinario, c’è una forza inimmaginabile, non lasciamoci sopraffare dall’Horror Vacui, la pulizia è la chiave a volte su quello che si deve comunicare.
Ma lo scatto non si limita a quella semplice foto, oltre la copertina, sul retro si trovano tre mucche ravvicinate che riempiono in modo estremamente bizzarro l’intero artwork, all’interno troviamo invece una foto in bianco e nero estremamente sgranata di una tipica brughiera britannica (Per chi ama Sherlock Holmes sa di cosa parliamo) con dei bovini al pascolo, oltre che i nomi delle tracce ed il nome della band.
Naturalmente come detto prima, tra la mucca e i Pink Floyd non esiste nessun tipo di collegamento, ma il fondatore e batterista Nick Mason, accenna ad una certa simbologia classica dovuta alla mucca come rappresentazione della madre terra, e fa un riferimento alla “madre dal cuore atomico”, grazie all’assonanza fra le parole “Heart” (Cuore) e “Earth” (Terra) queste dichiarazioni naturalmente fanno impazzire i fan e gli appassionati di simbolismo ed esoterismo, che si impegnano sempre a cercare risposte auliche e spiritistiche dove semplicemente c’è solo una mucca che ti guarda in modo mellifluo.
La copertina ha riscosso un enorme successo, e appare in svariati film, uno su tutti il capolavoro grottesco di Stanley Kubrick, Arancia Meccanica basato sull’omonimo romanzo di Anthony Burgess che debutta nelle sale cinematografiche l’anno dopo l’uscita dell’album, il regista che voleva non solo che l’album apparisse nel suo film, ma che anche delle tracce fossero presenti all’interno del lungometraggio, cosa che i Pink Floyd hanno rifiutato.
Non ci resta così che goderci la buona musica e una delle strategie commerciali più riuscite nella storia della discografica.