
Oggi, parliamo del bizzarro e complicato mondo dei social media.
Un universo che cambia a velocità supersonica: un giorno sembra un’allegra festa di quartiere, il giorno dopo si trasforma in un gigantesco mercato del pesce dove tutti urlano (o postano) contemporaneamente.
Mentre un tempo questi canali erano visti come l’occasione perfetta per connettersi con amici lontani e condividere le foto del gatto (sì, lui è sempre il vero sovrano dei social), ora sono sovraccarichi di contenuti, tendenze e guru autoproclamati.
E l’attenzione degli utenti, che da qualche parte deve pur andare, è diventata preziosa quasi quanto un biglietto vincente della lotteria.
La saturazione dei social e la stanchezza degli utenti
Viviamo in un momento storico in cui i contenuti si moltiplicano a vista d’occhio: storie, reel, video, caroselli, post.
È come un enorme buffet digitale dove tutti continuano a riempire i vassoi, spesso senza nemmeno assaggiare ciò che hanno caricato prima. In questo marasma, distinguersi è sempre più difficile. Per di più, gli algoritmi delle varie piattaforme (da Instagram a TikTok, passando per Facebook) fanno a gara a chi ti complica di più la vita, costringendo creator e aziende a pubblicare di continuo o, in alternativa, pagare pubblicità per emergere dal buio siderale della bassa visibilità.
Tutta questa euforia digitale ha generato un’altra conseguenza: la “stanchezza da social media”.
Gli utenti, stremati dal numero infinito di stimoli, tendono a diventare molto più selettivi. Aprono l’app, scorrono un po’, e via, si spostano su qualcosa che catturi davvero la loro attenzione ( ad esempio i podcast e/o YouTube ). E proprio qui si rivela l’opportunità per chi ha qualcosa di autentico da dire: in un contesto saturo, la qualità vince sulla quantità, trasformandosi in un faro nella notte (o meglio, in mezzo a un mare di Caroselli tutti uguali).
La ripetizione dei trend: quando il gregge digitale si muove all’unisono
Come se non bastasse la saturazione, c’è chi sceglie la strada del “copia e incolla” dei trend.
Parte un balletto virale? Tutti a saltellare allo stesso modo, magari con la speranza di diventare la nuova star di TikTok.
Si diffonde un format di caroselli su Instagram con frasi filosofiche? Ecco centinaia di account a replicarlo, spesso con lo stesso font e la stessa immagine di sfondo, perché “funziona”.
I peggiori sono video del tipo: “Tutti mi chiedono: Antonio, ma come si cambia una ruota bucata? E io che ***** ne so, mi chiama Filippo e faccio cocktail!” - oppure - “Sono una lettrice, è ovvio che ho sempre un libro in borsa! Sono una lettrice, è ovvio che il libro mi piacerà più del film!” … e. così via.
Ma se tutti corrono a rifare la stessa identica cosa, che fine fa la personalità di un brand o di un creator?
L’ effetto “gregge” potrebbe, forse, ( anzi spesso non lo fa ) produrre una visibilità momentanea, ma non costruisce un legame profondo con il pubblico. E i follower, sempre più smaliziati, lo capiscono al volo: dopo l’ennesima replica di un trend, è più probabile che sfilino via senza fermarsi.
Esperti veri e “fuffaguru”: imparare a distinguerli
Il mondo dei social è popolato anche di “professionisti” di ogni tipo. Da un lato ci sono veri esperti, che si fanno in quattro per offrirti suggerimenti basati su dati reali, analisi serie e test prolungati. Sono quelli che seguono le fonti ufficiali o profili come Mosseri CEO di Instagram e che si prendono la briga di tradurtelo in italiano e di spiegartelo in parole più semplici.
Dall’altro ci sono i “fuffaguru” che spesso sbucano come funghi dopo un temporale!
Li riconosci ( e se non li riconosci, dovresti davvero imparare a farlo ) perché sfoggiano titoli altisonanti e promettono numeri da capogiro, come “10.000 follower in una settimana” o “Il segreto per decifrare gli algoritmi (che manco Zuckerberg conosce)”.
Questi “fuffaguru” funzionano un po’ come certe soap opera: promettono sempre di svelarti la scena clou nella prossima puntata, ma intanto tu ti iscrivi a corsi costosi o segui webinar infiniti che si rivelano vuoti come un palloncino bucato.
Per non cascarci, basta farsi un paio di domande: chi è questo individuo? Ha referenze concrete? Condivide davvero informazioni utili, o solo teaser acchiappa-like?
State attenti!
La strategia che conta davvero: identità e coerenza
Prima di lanciarsi in qualsiasi avventura social, è fondamentale capire chi siamo, cosa rappresentiamo e a chi ci vogliamo rivolgere.
E no, non è una di quelle chiacchiere motivazionali: se un’azienda o un creator non ha ben chiari i propri valori, ogni contenuto pubblicato rischia di andare a casaccio. L’identità di un brand (o di un professionista) si costruisce con un racconto sincero, che trasmetta chi siamo per davvero. E la coerenza è l’ingrediente segreto: anche se cambi piattaforma – da TikTok a YouTube o Instagram – i valori di fondo restano.
Adattiamo il formato, certo, ma il messaggio di base non deve apparire schizofrenico. Un giorno influencer super seriosi, il giorno dopo pazzi scatenati da reality trash?
Meglio di no.
I social sono contenitori… e non è casa tua!
Capita spesso di imbattersi ancora nel 2025 in articoli che spiegano quali sarebbero i migliori orari per postare e quante volte a settimana bisognerebbe pubblicare. Ora, i social sono certamente dei contenitori, con regole e algoritmi precisi pensati per ottenere determinati risultati. Ma c’è un aspetto che dovremmo sempre tenere a mente: i social network non sono soltanto contenitori, sono prima di tutto aziende che devono produrre un profitto.
Un contenitore vuoto non genera introiti, un social network ha bisogno di contenuti per vendere pubblicità.
E chi fornisce questi contenuti? Noi utenti, gratuitamente.
Più post, storie e video carichiamo, più opportunità avranno le piattaforme di piazzare inserzioni pubblicitarie. A quel punto, è chiaro che se ci chiediamo “Quante pubblicazioni devo fare?” o “Qual è l’orario migliore?”, la risposta per il social di turno è sempre la stessa: “Pubblica il più possibile, a tutte le ore! E diversifica!”.
Così facendo, si aumentano le probabilità di finire nel radar dell’algoritmo e, soprattutto, si alimenta il business dell’azienda che gestisce la piattaforma.
Un altro elemento importante è il tempo di permanenza: più stiamo sul social, interagiamo, mettiamo like, commentiamo e guardiamo video, più il meccanismo gira. Noi lo sappiamo bene, ma non è esattamente ciò che consigliamo ai nostri clienti.
Quello che per noi conta davvero è la qualità di ciò che pubblichi.
È il contenuto – autentico, sincero, trasparente – a conquistare davvero l’attenzione di chi guarda. Se poi quel contenuto è ben realizzato e parla la lingua del social su cui si trova, tanto meglio, ma l’elemento cruciale resta il valore del messaggio.
Che si tratti di un video professionale o di uno girato col cellulare, la priorità è sempre il significato di ciò che stai comunicando. Alcuni social puntano sulla velocità, e certo, se la qualità del video è migliore avrai qualche vantaggio in più. Ma prima di tutto, devi dire qualcosa di interessante, qualcosa che valga la pena far vedere a un potenziale cliente o a un futuro contatto.
In cima alla lista delle nostre priorità c’è sempre l’idea: il resto – dall’orario di pubblicazione al numero di post al mese – viene dopo. Perché il vero valore di un contenuto non sta nel contenitore, ma in ciò che racconta.
Come (e perché) costruire una strategia su misura
Dopo aver preso atto che i social non sono un posto in cui regnare indisturbati ma semplici strumenti da usare con criterio, nasce l’esigenza di una strategia.
Niente di troppo complicato, però. Si tratta di capire come comunicare i propri valori, quali format funzionano meglio su una determinata piattaforma e come misurare i risultati senza impazzire o farsi ingolosire da metriche vanitose.
È più utile avere 1000 follower realmente interessati a quello che fai che 100.000 accolti in seguito a qualche colpo di fortuna virale.
Quelli veri interagiranno con te, apprezzeranno i tuoi contenuti, magari diventeranno clienti o sostenitori. Gli altri? Probabilmente stanno ancora inseguendo l’ennesimo trend di danza improvvisata…
Conclusioni: l’autenticità alla lunga paga sempre
In un ecosistema dove tutti gridano, copia-incollano e inseguono la next big thing, l’arma più potente resta un piano editoriale coerente con la propria identità.
È un percorso che richiede tempo, perché i risultati veri – e non le vampate di popolarità – si costruiscono piano piano, come una casa ben progettata. Ma è così che si diventa riconoscibili e credibili.
Quindi, prima di lasciarti travolgere dai consigli dei fuffaguru di turno, fermati e chiediti: chi sono? Cosa voglio comunicare? A chi mi rivolgo davvero?
Rispondi con onestà e pianifica contenuti che riflettano i tuoi valori.
Se la qualità è la bussola, potrai sempre stare certo di non perderti nei labirinti degli algoritmi.
Non è un segreto, né una formula magica: è solo buon senso applicato al mondo dei social.
E se qualcuno promette numeri e scorciatoie miracolose, ricordati che perfino la soap opera più longeva finisce prima o poi ( tranne Beautiful ). Resta la sostanza, restano i contenuti autentici che parlano di te e con te.
Ed è da lì che nasce la vera forza di una presenza digitale.